Patrimonio Immobiliare. Nuova risorsa. Parla il Presidente IFEL Giuseppe Franco Ferrari

ANCI Rivista Dicembre 2009

di Andrea Franceschi

E’ stato presentato a Milano il 16 Novembre scorso “Obiettivo Patrimonio Immobiliare “il nuovo progetto promosso da IFEL in collaborazione con ANCI per i Comuni italiani. Il progetto intende valorizzare un settore delicato come quello del “real estate” pubblico, un vero e proprio attivo che oggi può assicurare rendimenti in linea con il mercato attraverso forme di impiego capaci di liberare risorse da destinare agli investimenti infrastrutturali.  La gestione dinamica dei portafogli immobiliari rappresenta una nuova risorsa per gli enti locali,  difficilmente rinviabile soprattutto per gli enti di minori dimensioni. Abbiamo colto l’occasione per approfondire le tematiche legate all’evoluzione della disciplina e alle opportunità innovative scaturenti dal D.L. 112/2008 con il Professor Giuseppe Franco Ferrari, Presidente dell’IFEL.

 

1)    Professor Ferrari, qual è il valore attuale del patrimonio immobiliare dei Comuni che può essere oggetto di interventi di valorizzazione?

Secondo quanto risulta dai dati ufficiali contenuti nell’ultimo Conto patrimoniale delle amministrazioni pubbliche (2004), la parte più consistente del patrimonio immobiliare è posseduta dai Comuni con un valore catastale di 93 miliardi di euro e un valore stimato di mercato di 227 miliardi di euro.  Alla fine del 2007, secondo una analisi della società specializzata “Scenari Immobiliari”, il valore di mercato del patrimonio immobiliare dei Comuni (esclusi terreni e beni storici) ammontava a 320 miliardi di euro.  Appare quindi complesso quantificare i beni “da valorizzare” nell’ambito dei beni posseduti dai Comuni. Infatti se si ritiene che possano rientrare nel concetto di “valorizzazione” tutti i tipi di intervento sul patrimonio finalizzati ad estrarre maggiori risorse da tali beni (inclusi gli efficientamenti della gestione) non si può escludere che tutto il patrimonio posseduto dai Comuni possa essere oggetto di  progetti di valorizzazione. Sono dunque in gioco grandi numeri, molto importanti per il futuro dei territori .

 

2)    Qual è l’impatto del patto di stabilità e del federalismo demaniale su un possibile

progetto di valorizzazione immobiliare di un Comune piccolo o medio?

Se adottiamo una nozione ampia di valorizzazione (intesa appunto come miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza nella gestione dei beni) possiamo sicuramente parlare di  un effetto positivo per il patto di stabilità grazie a una sostanziale contrazione delle spese sostenute per la gestione dell’immobile che consente di liberare risorse da destinare ad altri interventi. Quanto al federalismo demaniale al momento è prematuro addentrarsi in un’analisi di questo tipo. Dobbiamo comunque segnalare almeno due criticità eminentemente  di natura contabile che gli enti potrebbero incontrare nel ricorso a progetti di valorizzazione del patrimonio.  Anzitutto essendo la valorizzazione un’entrata straordinaria, e quindi non ripetibile, potrebbero registrare un saldo anomalo che (se preso come base di calcolo per stabilire il contributo del singolo ente al miglioramento dei saldi) potrebbe costituire un ostacolo al raggiungimento di tale obiettivo. L’altra è legata alla perfetta coincidenza fra entrata relativa alla valorizzazione del bene e le opere di investimento che con questa vengono finanziate e che si realizzano nel corso degli anni successivi. Infatti l’entrata viene iscritta a bilancio nell’anno in cui si realizza, mentre le spese sostenute per le opere di investimento si registrano nell’anno in cui viene effettuato il pagamento per lo stato avanzamento lavori. IFEL è pronta ad assistere i Comuni anche su questo fronte. Sarà comunque interessante seguire gli orientamenti che si manifesteranno tra gli Enti nella soluzioni di queste nuove problematiche.

 

3) A quale tipologia di Comuni conviene la gestione dinamica degli immobili?

Direi a tutti i Comuni che intendano liberare risorse per finanziare in via concorrente politiche di investimento senza ricorrere al debito, cioè quelle amministrazioni interessate a utilizzare il proprio patrimonio per l’attivazione di interventi di trasformazione urbana o per la realizzazione di nuove opere.  La formula è semplice: incrementare le entrate correnti e ridurre complessivamente la spesa. E più in generale a tutti quei Comuni interessati alla qualità totale dei servizi erogati, diretta conseguenza della razionalizzazione del patrimonio immobiliare e del miglioramento dello stato di conservazione degli immobili di proprietà.

 

4)    Quali sono i casi di eccellenza tra gli Enti in Italia che possono dare indicazioni per

il futuro?

Riteniamo che ci siano diversi casi di eccellenza nel nostro Paese. Negli ultimi tempi molte amministrazioni si sono attivate al fine di individuare gli strumenti (finanziari e non) che meglio consentano di ottimizzare le potenzialità dei propri patrimoni immobiliari.

Si sono pertanto registrate sul territorio varie esperienze riguardanti i diversi strumenti messi a disposizione dal nostro ordinamento in materia di patrimonio immobiliare (cartolarizzazioni, fondi immobiliari ad apporto, società miste, concessioni etc.). Tali esperienze hanno riguardato varie amministrazioni tra cui, a titolo esemplificativo, i Comuni di Milano, Torino, Venezia e Roma. 

In proposito, al fine di fare tesoro delle esperienze maturate dai singoli Comuni in materia di patrimonio immobiliare, il “Progetto Obiettivo Patrimonio Immobiliare” recentemente avviato da IFEL e ANCI si basa proprio su una piattaforma informatica che consente ai Comuni di sistematizzare, rendere accessibili e condividere le buone pratiche e le esperienze operative maturate sul campo.

 

5)    Quale modello operativo IFEL suggerisce ai Comuni per passare dall’immobile come costo all’immobile come investimento?

Il modello operativo IFEL prevede tre fase operative distinte: una prima fase mirata alla conoscenza del patrimonio di ciascun ente attraverso l’immagazzinamento di tutti i dati relativi a ciascun cespite posseduto in un data base dedicato; una seconda fase in cui l’analisi e l’interpretazione dei dati è orientata all’individuazione di proposte di intervento per gruppi di beni, normalmente nella forma di studio di fattibilità;  una terza fase dedicata all’attuazione degli interventi decisi dall’amministrazione (progetto di valorizzazione, operazione di cartolarizzazione, fondo immobiliare, etc.).

Naturalmente questo percorso rappresenta un approccio, un metodo che vuole individuare precisamente obiettivi e priorità,  ma non è un modello rigido valido per tutti. Alcuni Comuni potranno infatti avviare direttamente la seconda o la terza fase del progetto, altri potrebbero preferire di concentrasi sulla prima fase di ricognizione per passare in un secondo momento alla fase attuativa. Per tutti è comunque un’opportunità per guardare al futuro del proprio patrimonio immobiliare in modo efficiente e profittevole.

 

A.F.