ANCI Rivista Novembre 2010
Federalismo. I nodi da sciogliere – A colloquio con Giuseppe Franco Ferrari

di Andrea Franceschi

Era chiaro. Il 2010 si è candidato fin da subito a rappresentare un punto di non ritorno nella storia delle Istituzioni locali e del ripensamento del rapporto tra i diversi livelli di governo.  Se si riuscirà a catalizzare il necessario consenso politico trasversale l’anno che volge al termine verrà ricordato come l’anno del Federalismo. Mentre scriviamo i decreti legislativi di attuazione della “mamma di tutte le riforme” la legge 42/ 2009 sono in avanzato stadio di approvazione: federalismo demaniale, fabbisogni standard dei Comuni e Roma Capitale sono una realtà. Identificazione dei cespiti, individuazione delle funzioni, quantificazione dei costi standard nonché riassetto della fiscalità municipale sono tutti in avanzato stato e ci si aspetta la conclusione dell’intero processo di approvazione nei prossimi mesi. In questo scenario IFEL si è contraddistinta per l’alto contributo scientifico fornito al dibattito nelle diverse fasi e sedi. Un ruolo di riflessione, di proposta e di supporto tecnico riconosciuto formalmente nell’attribuzione del ruolo di advisor tecnico per la definizione (insieme alla Sose) dei costi standard. Abbiamo provato con il Presidente dell’IFELGiuseppe Franco Ferrari(una presenza ormai abituale sulle colonne di Anci Rivista) a sintetizzare la magmatica materia in forte accelerazione e a cercare di fare un punto autorevole su quanto fatto ad oggi. Una riforma quella del federalismo estremamente pervasiva che si contraddistingue per un assetto complesso e articolato, complicato dall’approvazione diluita nel tempo.

 

D. Professor Ferrari, a che punto siamo e qual è il suo giudizio d’assieme sulla riforma federalista?

 

I decreti attuativi licenziati tra la scorsa primavera e l’estate lasciano ben sperare sull’effettiva volontà del governo di concludere positivamente un lavoro iniziato nel 2009 con l’approvazione della legge 42 e portato avanti nei mesi successivi. I Comuni se lo aspettano, a fronte di una manovra pure necessaria ma di certo poco equilibrata, che danneggia gli enti locali, senza scalfire sprechi e privilegi del sistema centrale. Ribadito il giudizio positivo sul processo avviato e sull’indirizzo generale, è utile fare il punto sulle rilevanti questioni aperte, perché ancora indefinite o perché insoddisfacenti o, addirittura, fonte di conflitto a cominciare dall’entità delle risorse che è in punto più critico. La relazione tecnica del Decreto legislativo sul federalismo municipale conferma il taglio di 2,5 miliardi di euro dei trasferimenti fiscalizzati (quelli permanenti), che, nel 2012, da 14.467 milioni di euro si riducono a 11.967 milioni di euro: un taglio di oltre un sesto ed un danno ineguagliabile nelle casse dei Comuni.

 

D. Come vivono i Comuni le opportunità scaturenti dal federalismo demaniale?

 

Per quanto concerne il federalismo demaniale, l’Anci ha istituito un Fondo immobiliare per gli immobili che consenta a tutti i Comuni italiani (a partire da quelli più piccoli) di valorizzare il proprio patrimonio mediante lo strumento di un fondo comune di investimento. L’istituzione del Fondo nasce innanzitutto dalla necessità di consentire ai Comuni, con portafogli immobiliari caratterizzati da rendimenti non in linea con quelli di mercato, elevati costi di manutenzione per la vetustà oppure di dimensione limitata, di accedere allo strumento del fondo comune di investimento, così da beneficiare delle sinergie legate alla gestione unitaria della valorizzazione e dismissione di immobili appartenenti a più enti. Ulteriore motivo a favore dell’istituzione del Fondo Federale è rappresentato dal federalismo demaniale grazie al quale potrebbe arrivare ai Comuni un numero di beni da valorizzare assai elevato, ma la cui distribuzione potrebbe renderne difficile la gestione.

L’idea è quella di creare un “sistema” integrato di fondi immobiliari a livello nazionale, costituito da una serie di fondi territoriali. Tale fondo nazionale, partecipato da investitori e soggetti istituzionali, si troverebbe di fronte a due opzioni: da un lato potrebbe sottoscrivere parte delle quote dei fondi territoriali, in modo da dotare il fondo territoriale di liquidità utili alle operazioni di valorizzazione; dall’altro acquistare le stesse quote dai Comuni, che le avrebbero ricevute a fronte dell’apporto del proprio patrimonio immobiliare nei fondi territoriali. Il Fondo Federale per gli immobili è solo una delle iniziative che l’Associazione dei Comuni italiani sta realizzando sul territorio in materia di patrimonio immobiliare ed in occasione del federalismo demaniale. Il riscontro parziale che stiamo avendo da parte degli stessi Comuni è più che positivo e di piena collaborazione.

 

D. Fabbisogni e  costi standard: che tempi prevede? Cosa ci può anticipare?

 

Dopo poco più di un anno dalla approvazione della legge sul federalismo fiscale i Comuni hanno un quadro di riferimento più definito. Non si tratta di un giudizio politico ma è quanto emerge se si mettono insieme le norme del federalismo demaniale, quelle del decreto sui costi standard e sulla autonomia impositiva, anche se il lavoro da svolgere è ancora molto perché è anche evidente che le basi contenute nei decreti e le decisioni assunte dal Governo lasciano intravedere alcune linee fortemente innovative e che meritano massima attenzione per gli effetti che potranno avere. E’ chiaro che con il mutare delle regole sulle entrate e sulla spesa è obbligatorio rivedere il patto di stabilità e ripensare il modello di riparto dei compiti e delle risorse. Il decreto sui Costi e fabbisogni standard contiene un percorso ben visibile e alcune indicazioni positive per i comuni. La prima riguarda la scelta della metodologia adottata per il calcolo dei costi. Infatti non ci sarà una applicazione rigida del costo industriale ma una sua attenuazione attraverso l’introduzione di variabili di contesto. La sperimentazione di questa applicazione, che è stata già testata da IFEL su alcune funzioni comunali (asili nido, anagrafe e polizia locale), ha dato prova di poter ben reggere, perché consegna degli outcome molto diversi da quelli che emergerebbero se si applicasse una rigida determinazione industriale. Inoltre il decreto ha affidato l’incarico della determinazione dei fabbisogni a due strutture tecniche, SOSE e la stessa IFEL. È chiaro che la scelta di IFEL rappresenta per i Comuni una garanzia in più essendo la fondazione una struttura fortemente collegata al sistema dei comuni del quale conosce la spesa storica, la composizione della stessa e così via. Infine la scelta è quella di destrutturare la spesa per funzioni fondamentali dei comuni in 3 parti. Il primo terzo partirà con i bilanci di previsione del 2012. A settembre del prossimo anno, quindi, ogni comune riceverà il suo fabbisogno su questo pezzo di funzioni ed avrà 3 anni di tempo (2012, 2013 e 2014) per raggiungere l’obiettivo. Come si vede la scelta fatta è fondamentale. Non si tratta di una applicazione automatica di un algoritmo, ma un percorso graduale che il comune potrà gestire autonomamente nel triennio. Nel 2013 partirà la standardizzazione del secondo terzo di funzioni e nel 2014 la terza ed ultima parte. L’anno 2017 sarà quindi l’anno della dead line entro la quale tutti i bilanci dei comuni e tutti i consuntivi dovranno avere incorporato il fabbisogno standard. Dopo l’approvazione del consuntivo del 2016 potremo tirare le somme e vedere gli effetti che questa pedagogia ha prodotto sui conti dei comuni e della Pa in generale. Tutto il meccanismo ruoterà interno ad alcuni punti fermi che sono la Conferenza Stato Città ed Autonomie Locali, la Copaff e la banca dati unitaria della PA, con IFEL totalmente coinvolta nel lavoro tecnico.

 

D. Riassetto tributario dei Comuni: sono circolate diverse bozze anticipate dagli organi di informazione. 45 tributi in Italia sembrano francamente troppi, ma qual è realisticamente la direzione in cui avviarsi e con quali tempi?

 

L’augurio che ci facciamo è che la prossima introduzione dell’Imposta municipale sugli immobili, vero esempio di semplificazione normativa e di valorizzazione del territorio dei tributi locali, restituisca ai comuni dignità di autonomia impositiva agevolata anche da strumenti come la cedolare secca sugli affitti che serviranno a vedere in quali città si cerca di porre freno all’evasione, e di conseguenza quali comuni vadano premiati e quali penalizzati. A questo proposito, stiamo lavorando per elaborare alcuni criteri di “virtuosità” che aiutino il governo nella modulazione dei tagli e degli obiettivi di comparto, ma che in futuro potranno essere presi a memoria per calibrare i costi standard dei servizi. Alcuni di questi criteri riguardano la capacità di riscossione delle tariffe e l’autonomia finanziaria, la spesa corrente e lo stock di debito. Proponiamo al governo un altro aspetto sui tagli ai trasferimenti finora rimasto sottotraccia: vogliamo che dalla base di calcolo su cui vengono calcolati i tagli siano tolti i trasferimenti a indennizzo del mancato gettito Ici. E’ l’unico modo per evitare che amministrazioni virtuose, che riscuotevano buona parte dell’imposta comunale sugli immobili, si trovino per questo a essere penalizzate due volte: dal taglio dell’Ici, e dal taglio ai trasferimenti compensativi. Per lo stesso motivo è necessario che i surplus di risparmio che i Comuni hanno eventualmente realizzato per il rispetto del Patto di stabilità, rimangano ai comuni stessi.

 

D. Cosa direbbe ai Piccoli Comuni, ai giovani amministratori, ai responsabili finanza dei Comuni?

 

Ci sono scadenze importanti, nei prossimi mesi, in cui si discuterà di federalismo demaniale, di federalismo fiscale, di tagli ai comuni, di criteri di virtuosità, di costi standard e di riforma del patto di stabilità. Siamo ad un punto di verifica del lavoro fino ora svolto e di modulazione del percorso da seguire. Mi sentirei di chiedere ai Comuni di rendersi disponibili e pronti a collaborare con Ifel e con Sose per la determinazione di questi costi, ma il principio che deve guidare è doppio: efficienza economica e qualità assoluta. Tagliamo gli sprechi, non la qualità. Per farlo abbiamo bisogno del contributo di tutti.